Sul comunicato stampa della Corte Costituzionale

La Confederazione Legale per i Diritti dell’Uomo ha preso atto con sgomento e preoccupazione del comunicato stampa diramato dalla Corte costituzionale all’esito dell’udienza del 30 novembre 2022. In disparte le gravi perplessità che ha destato la conduzione dell’udienza, fortemente limitativa del contraddittorio e della possibilità per gli avvocati di svolgere con la necessaria e dovuta ampiezza le loro argomentazioni, dalle poche righe del comunicato si evince che la Corte non ha accolto le questioni di legittimità costituzionale proposte in relazione al decreto-legge 44/2021, avallando l’operato del precedente governo.

La Corte avrebbe dunque ritenuto di non censurare la sanzione dell’esclusione dal lavoro e da ogni compenso ed emolumento in danno degli operatori sanitari, dei docenti e del personale del comparto difesa e sicurezza che non hanno voluto sottoporsi all’inoculazione dei farmaci sperimentali per la profilassi contro la Covid-19.

A qualsiasi osservatore non distratto appare evidente la violazione di principi sino ad ora ritenuti sacri e posti a fondamento del nostro ordinamento, che non conosce lo stato di eccezione o di emergenza quale possibile giustificazione della sospensione dei diritti fondamentali inviolabili. Il lavoro, la libertà personale, l’autodeterminazione sanitaria sarebbero, per quanto è dato comprendere dallo scarno comunicato stampa, sacrificabili allorché si verifichi una non meglio specificata pandemia.

Due grandi assenti hanno caratterizzato l’udienza dinanzi alla Consulta. Anzitutto il mancato apprezzamento da parte della Corte del fatto, ormai conclamato, che i sieri sperimentali non immunizzano e non sono stati nemmeno testati in relazione alla loro capacità immunizzante rispetto all’agente patogeno; la presunta efficacia ai fini della “prevenzione dell’infezione da SARS- CoV2”, espressamente indicata nel decreto-legge 44/2021, non ha mai fatto parte delle finalità perseguite dalle case produttrici dei sieri. Se questi non immunizzano, è logico che non possano essere imposti a categorie professionali variamente individuate, nell’ambito dell’esercizio di una discrezionalità legislativa che degenera nel puro arbitrio. Neppure degno di una menzione è poi sembrato l’art. 3 della Carta di Nizza, che pure la Confederazione aveva espressamente messo in rilievo nel suo intervento amicus curiae, a mente del quale qualsiasi trattamento sanitario dipende dal consenso libero e informato della persona interessata. Una norma di diretta applicazione nel nostro ordinamento, che impone a qualsiasi giudice nazionale, ivi compresa la Consulta, la disapplicazione diretta delle disposizioni contrastanti del diritto interno.

Attendiamo di leggere la sentenza, ma possiamo sin d’ora affermare che, anche laddove l’impatto di tale decisione risultasse mitigato da argomenti procedurali, atti a sostenere l’impossibilità a vario titolo di entrare nel merito delle questioni, il 1° dicembre 2022 è una data che resterà impressa nella memoria dei cittadini italiani perché rappresentativa della conferma di due circostanze gravemente preoccupanti: la Costituzione repubblicana non ha impedito che un Governo ne violasse platealmente i principi fondamentali, e l’organo di suprema garanzia, la Corte costituzionale, non ha voluto, potuto o saputo svolgere il ruolo, assegnatole dalla Costituzione, di bilanciamento e di garanzia rispetto all’arbitrio dell’esecutivo.

Ciò impone un ripensamento profondo e radicale delle fondamenta della comunità politica italiana e deve impegnare soprattutto l’avvocatura a farsi carico in modo ancora più determinato della tutela dei diritti fondamentali, che sono espressione di principi di diritto naturale che trascendono i singoli concreti ordinamenti giuridici.

Citando una frase virgiliana, ci atterremo al monito di non cedere al male ma di combatterlo con ancora più forza:

Tu ne cede malis sed contra audentior ito.

Confederazione Legale per i Diritti dell'Uomo

La Presidente
Avv. Renate Holzeisen

Il Vice-Presidente
Avv. Alessandro Fusillo


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Giovani, diritti e pandemia: figli di un Dio minore?